Page 9 - Notiziario del Portale Numismatico n. 16/2022
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PRESENTAZIONE





                      L’eccezionale ritrovamento delle mille monete d’oro del cosiddetto tesoro di Como, il
                 più cospicuo di tale natura mai avvenuto in Italia, che si aggiunge al ristretto numero dei
                 tesoretti aurei occultati (Sovana, Gravisca, Reggio Emilia), merita alcune considerazioni intro-
                 duttive che si collocano ai due capi della vicenda, all’origine e all’esito del ritrovamento in
                 sé inteso.
                      Una prima considerazione riguarda il tema della tutela, e dunque il modo in cui la sco-
                 perta è avvenuta, e l’attività di cui è stata il fortunato ma non casuale esito. Lo scenario del
                 rinvenimento non è stato, infatti, quello di una concessione di scavo in area archeologica già
                 nota e vincolata, ovvero un’attività di ricerca esclusivamente scientifica, programmata e preor-
                 dinata a fini di indagine e scoperta di reperti nel sottosuolo. E, neppure, quello di un’azione
                 di archeologia preventiva, quale in base a disposizioni di legge relativamente recenti deve
                 regolarmente accompagnare l’esecuzione di opere pubbliche di ogni tipo e scala: un’inno-
                 vazione molto discussa eppure di grande importanza, che da un lato ha dato strumenti per
                 controllare le possibili interferenze dei lavori pubblici con gli (ancora) sconosciuti contesti
                 archeologici conservati nel sottosuolo, rendendone più razionale l’esecuzione; dall’altro ha
                 fornito preziose occasioni operative alla ricerca archeologica. Il contesto della scoperta del
                 tesoro di Como è ancora diverso, seppur simile al secondo: si tratta di una diversa sorta di ar-
                 cheologia preventiva, che sulla scorta dell’art. 88 del Codice dei beni culturali viene attuata in
                 contesti non ancora vincolati (giacché il vincolo segue, come qui è stato, in caso di scoperte
                 rilevanti), oggetto di interventi privati di trasformazione edilizia, come tanti se ne attuano nel-
                 le nostre città e territori; e che avviene da un lato grazie ad avvedute regole nei piani urbani-
                 stici dei Comuni, poste a individuare le aree a rischio archeologico nel loro ambito, dall’altro
                 grazie all’attento esercizio dell’attività di sorveglianza sul territorio, condotta dai funzionari
                 archeologi delle Soprintendenze.
                      Nel caso del tesoro di Como, già nel 2011, quando prende avvio il percorso di un in-
                 tervento d’iniziativa immobiliare privata nel comparto dell’ex Teatro Cressoni (un teatro ot-
                 tocentesco sul sito di uno scomparso monastero del Trecento, che si intende riconvertire a
                 residenze), la Soprintendenza Archeologica della Lombardia chiede che si attui la sorveglian-
                 za archeologica in corso d’opera: il centro antico di Como – la città romana – è area ad alto
                 rischio archeologico, come registrato dal piano urbanistico comunale, e l’attenzione ai poten-
                 ziali risvolti di tale natura degli interventi in centro storico è alta. Nel settembre 2018, avviati
                 dopo vari anni i lavori, la funzionaria di zona Barbara Grassi, che dirige lo scavo di indagine
                 archeologica, con felice intuizione dispone di proseguire lo scavo nella stratigrafia posta tra
                 le strutture murarie nella porzione est del cantiere per individuare il livello pavimentale in
                 cocciopesto romano, che rivela così il suo segreto occultato per più di millecinquecento anni:
                 un recipiente di pietra colmo di monete d’oro, avvolte in involucri di tessuto, che solo il de-
                 licato microscavo successivo del contenitore conterà in numero di mille.
                      Una simile scoperta è dunque eccezionale nel suo oggetto, ma non nel metodo di lavoro
                 che l’ha resa possibile; è un evento straordinario, e però anche l’esito di una buona prassi
                 ordinaria e di un’attività costante degli uffici di tutela, qual è quella che con impegno e dedi-
                 zione – e usualmente senza clamori – svolgono i funzionari delle Soprintendenze, e che mai è
                 venuta meno anche nel riformato assetto organizzativo del Ministero della cultura introdotto
                 nel periodo più recente. Vi si sono combinati, in intreccio virtuoso, più fattori e circostanze
                 favorevoli: una buona prassi di tutela archeologica preventiva; accorte previsioni nella stru-









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